La democrazia è una chimera in Turchia, ma la ragion di stato e l’economia fanno chiudere gli occhi!

Generale Giuseppe Morabito membro del Direttorio della NATO Defence College – La scomparsa del Santo Padre e le due guerre in atto al confine dell’Europa hanno fatto passare in “quarto piano” cosa sta avvenendo in Turchia. La “democrazia” cosi come la viviamo nel Vecchio Continente, è calpestata ogni giorno e al momento la situazione è molto simile a una dittatura.

Questa settimana, l’Italia e la Turchia hanno firmato undici accordi di cooperazione. Il presidente Erdogan a Roma è stato accolto martedì dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, e i due hanno parlato di scambi commerciali, politiche migratorie e soprattutto di difesa. Tra gli accordi firmati, il più importante riguarda una collaborazione tra l’azienda italiana Leonardo e quella turca Baykar per la costruzione di droni a uso militare. La visita, focalizzata soprattutto sul miglioramento delle relazioni tra Italia e Turchia ha reso evidente, ancora una volta, come siano centrali i rapporti in ambiti come gestione dei flussi migratori e sicurezza.

Erdogan governa la Turchia in maniera autoritaria, e di recente il suo governo è stato oggetto delle proteste, in tutto il paese, per l’arresto, per ragioni politiche, del sindaco di Istanbul e principale avversario politico del presidente. Di tale nefandezza, non pare se ne sia fatto accenno durante l’incontro tra i due leader.

Tra le questioni di cui hanno parlato c’è stata l’immigrazione: Meloni ha ringraziato Erdogan per avere “sostanzialmente azzerato” le partenze di migranti dalle coste turche e hanno poi parlato di Libia, un paese che è piuttosto importante sia per Roma sia per Ankara, dei negoziati per porre fine alla guerra in Ucraina e del conflitto nella Striscia di Gaza.

Tutto l’incontro tra Meloni ed Erdogan è stato palesemente strutturato per evitare momenti imbarazzanti o spiacevoli e l’elemento centrale della visita sono stati gli scambi commerciali, che nel 2024 ammontavano a circa 28 miliardi di euro e l’accordo più importante è stato quello, già citato, tra Leonardo e l’azienda turca Baykar.

Va subito ricordato che, con encomiabile lungimiranza, ad Aprile 2021, l’allora primo ministro italiano Draghi disse che: “Sotto la guida del presidente Erdogan la Turchia, nell’ultimo decennio, si è allontanata dallo stato di diritto, dalla democrazia e dalle libertà fondamentali ” in sintesi l’ha definito un dittatore.

Anche l’allora presidente del gruppo del Ppe Manfred Weber in una dichiarazione si allineò a Draghi dichiarando che: “La Turchia “non è un Paese libero per tutti i suoi cittadini, se l’Europa vuole costruire un partenariato costruttivo con Paesi come la Turchia, ed è nel nostro interesse strategico farlo, dovremmo parlare chiaramente e onestamente dei fatti sul campo”. 

E’ noto che la Turchia è un Paese che ha un parlamento eletto e un presidente eletto, verso il quale si nutrivano (e si nutrono) una serie di preoccupazioni e con il quale l’Europa coopera in molti settori. Si concluse, a suo tempo, che si trattava di un quadro complesso ma non spettava all’UE qualificare un sistema o una persona. Le preoccupazioni nutrite dall’Ue verso Ankara riguardavano la libertà di espressione, i diritti fondamentali (compresi quelli delle donne), la situazione del sistema giudiziario.

In Turchia, da inizio aprile 2025, le ondate di arresti politici sono divenute comuni e va subito ricordato che negli anni precedenti, giustificandoli con la volontà di Erdogan d’abolire l’allora regime di tutela militare, sono stati eseguiti centinaia di tali arresti politici.

In questi giorni, anche se la notizia è scomparsa dai titoli dei giornali, bisogna ricordare che Ekrem Imamoglu, il sindaco di Istanbul dopo essere stato incarcerato, è stato isolato in una cella per 5 settimane e solo recentemente è stata distribuita un’illustrazione che raffigura la sua cella nel carcere di Silivri.

“Ho disegnato la mia stanza e i miei amici l’hanno illustrata”, ha dichiarato Imamoglu, il popolare politico ampiamente ritenuto in grado di sconfiggere l’attuale dittatore turco Erdogan alle prossime elezioni. E’ anche noto che detenuti in Turchia usano i loro account X con l’aiuto dei loro avvocati perché’ non hanno né telefoni né internet in carcere. Imamoglu è stato arrestato circa cinque settimane fa, il 19 marzo da allora non è più apparso in pubblico.

Il 19 marzo, oltre un centinaio di persone sono state arrestate insieme a Imamoglu e, a seguire, il 26 aprile, altre 54 persone hanno subito la stessa sorte in un’ulteriore ondata di arresti. In Turchia, ondate di arresti politici di questo tipo sono purtroppo comuni da quando Erdogan è al potere. Durante i processi svoltisi tra il 2007 e il 2013 e volti ad abolire l’allora regime di tutela militare gli arresti erano, purtroppo, all’ordine del giorno.

“Che succede? Non potete riempire il vostro fascicolo giudiziario vuoto?”, ha scritto Imamoglu su X in risposta ai nuovi arresti. Le sue parole erano chiaramente rivolte a Erdogan: il leader turco ha ripetuto che prove più concrete saranno rilasciate in risposta alle persistenti domande su quali siano esattamente i presunti crimini di Imamoglu.

“Siete stati ingannati di nuovo?”, ha scritto Imamoglu. Erdogan è noto per le sue dichiarazioni divisive. “Siamo stati ingannati”, ha affermato in diverse occasioni. Una volta ha dichiarato di essere stato ingannato da Fethullah Gulen (il defunto leader dei gulenisti che erano alleati di Erdogan ma che in seguito furono accusati di aver orchestrato il fallito colpo di stato del 2016), mentre il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (il PKK) è stato messo al bando.

“Coloro che hanno trasformato la magistratura in un apparato governativo continuano a tradire la nazione con nuove operazioni, cercando ciecamente di rimuovere gli ostacoli di fronte a chiunque abbiano venduto il Canale di Istanbul”, ha aggiunto Imamoglu.

Il 17 aprile, Imamoglu ha fatto anche riportare su X che, è suo convincimento che il governo in carica stava sfruttando la sua prigionia per accelerare il megaprogetto del Canale di Istanbul.

La moglie del portavoce di Imamoglu, Murat Ongun, era tra gli arrestati il ​​26 aprile. Nello specifico Ongun ha dichiarato che “Avete arrestato la mia amata, che non ha commesso alcun crimine prima di diventare mia moglie, all’alba davanti ai miei figli”. Ha aggiunto poi: “Pensavo che donne e bambini fossero sacri? Pensavo che fossero immuni dai conflitti politici? Non avete coscienza”. Ongun ha chiesto ai suoi amici di fare in modo che i suoi figli non vengano abbandonati mentre il padre è in prigione e la madre è detenuta senza motivo.

Tornando al 2016, la sera del 15 luglio in Turchia una parte dell’esercito tentò di mettere in atto un colpo di stato contro il presidente Erdoğan. Bloccò le due principali città del paese, Istanbul e la capitale Ankara, bombardò il parlamento, prese in ostaggio il capo delle forze armate e cercò di catturare anche Erdoğan, che, si narra, sfuggì per poco.

L’operazione si rivelò peggio organizzata del previsto. I golpisti erano una minoranza nell’esercito e poco coordinati, e nel giro di qualche ora le forze fedeli a Erdoğan riuscirono a recuperare il controllo della situazione: il tentativo di rovesciare il governo cominciò la sera del 15 luglio e finì il giorno dopo alle primissime ore del mattino. Nonostante questo, più di 250 persone furono uccise (in gran parte cittadini che durante la notte erano scesi in piazza a sostegno di Erdoğan) e oltre 2.000 rimasero ferite.

Sono anni che si mette in dubbio la reale organizzazione del golpe. Chi conosce la reale efficienza delle forze armate turche mette in luce che pare impossibile che il golpe stesso sia stato cosi male organizzato perché’, soprattutto, dopo il colpo di stato, la Turchia è cambiata in maniera profonda. Si è parlato di un “fake golpe” organizzato dalle frange dei servizi segreti che sostenevano Erdogan con lo specifico intento di eliminare gli avversari politici.

Apparve quantomeno strano, se non impossibile, che i ribelli non siano riusciti ad arrestare Erdogan e solo parte delle forze armate si siano attivate. Il mancato controllo in quelle ore dei media e dello spazio aereo fece pensare ad alcuni esperti geopolitici, da subito, al “fake golpe” e c’e’ chi osservo’ che i colpi di stato nel continente africano erano meglio organizzati!

Erdoğan, che del colpo di stato si fece passare per vittima, né approfittò, infatti, per liberarsi dei suoi nemici interni: accusò Fethullah Gülen, un suo ex alleato e diventato avversario politico, e la sua organizzazione di aver messo in piedi l’operazione, e cominciò una campagna di eliminazione delle, da lui definite, minacce interne, che ha portato all’arresto di centinaia di migliaia di persone e al licenziamento di altre centinaia di migliaia da incarichi pubblici, nell’esercito, nell’istruzione e nel sistema giudiziario, Molti di questi avevano poco o niente a che fare con il colpo di stato.

Gli arresti e le condanne non si sono, quindi, mai interrotti davvero, e fino ad aprile di quest’anno decine di persone sono state condannate all’ergastolo.

Da quell’evento, la politica turca è cambiata: Erdoğan si è rafforzato e ha cominciato ad adottare misure sempre più autoritarie, che hanno portato, tra le altre cose, all’arresto dei più noti membri dell’opposizione. Sono cambiate anche l’economia del paese e la sua politica estera, che si è spostata sempre più dalla NATO, di cui la Turchia è membro, e vicina a paesi come la Russia e la Cina Popolare.

Proprio sul piano internazionale, da rilevare che i media turchi hanno messo in evidenza che Erdogan pare abbia ringraziato l’Italia e il governo di Meloni per il loro sostegno all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. A dire il vero, prima di diventare Presidente del Consiglio, la Presidente Meloni avrebbe portato avanti alcune campagne contro l’ingresso della Turchia nell’Unione, chiesto che fosse revocato ad Ankara lo status di paese candidato all’ingresso e sostenuto, giustamente e come sta avvenendo, che la Turchia avrebbe provocato una “islamizzazione” dell’Europa.

I quasi trenta miliardi di scambi commerciali portano a “chiudere un occhio” (forse anche un occhio e mezzo) su come viene interpretata la democrazia da parte di Erdogan ma si deve rimanere vigili e informare su quanto sta realmente avvenendo nel paese.

didascalia: Generale Giuseppe Morabito membro del Direttorio della NATO Defence College 

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