a cura di Lorenzo Salimbeni – 80 anni fa il 25 aprile poneva fine alla dittatura in Italia ed all’occupazione straniera con l’insurrezione generale del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Il 30 aprile 1945 pure a Trieste il CLN, guidato da Don Marzari, scatenò l’insurrezione cittadina, ebbe la meglio sulle forze di occupazione tedesche ed attendeva l’arrivo degli Alleati per festeggiare la Liberazione, ma l’indomani fu l’esercito della Jugoslavia comunista di Tito ad entrare in città e a occupare la Venezia Giulia.
In quella primavera i soldati inglesi e americani sfilarono nelle città liberate salutati dai Tricolori in genuine manifestazioni di patriottismo: a Trieste un corteo in cui si voleva ribadire l’italianità del capoluogo giuliano fu disperso dai nuovi occupanti con morti e feriti.
Nelle città liberate i rappresentanti ciellenisti vennero coinvolti nell’amministrazione civile: a Gorizia finirono sequestrati dai “titini” e sparirono nel nulla assieme a centinaia di concittadini mentre a Fiume l’OZNA (la polizia segreta jugoslava) eliminò ex partigiani appena tornati dai campi di concentramento nazisti.
Le forze dell’ordine in tutta Italia affiancarono gli anglo-americani nel ritorno alla regolarità: a Trieste i finanzieri che, come a Milano, avevano combattuto assieme al CLN nell’insurrezione, vennero arrestati ed infoibati in quanto rappresentanti dello Stato italiano, uno Stato che doveva sparire dalle terre che la Jugoslavia comunista rivendicava, avendo trasformato la lotta di liberazione nazionale in una campagna espansionista che aveva fatto proprie le rivendicazioni del nazionalismo sloveno e croato. Anche nei confronti di località in cui la comunità slava rappresentava una minoranza, come a Trieste, Gorizia, Pola, Fiume, Zara e lungo la costa istriana.
Nell’Adriatico orientale finì la Seconda Guerra Mondiale e subito iniziò la Guerra Fredda: gli anglo-americani avviarono una complessa trattativa con la Jugoslavia fiancheggiata dall’Unione Sovietica per definire una linea di demarcazione in attesa della conferenza di pace. La Venezia Giulia finì nel vortice che stava attraversando l’Europa orientale, passata dall’occupazione nazista e dalle dittature fasciste all’occupazione sovietica con l’instaurazione di regimi dittatoriali legati a Mosca. Fosse comuni e processi sommari ai “nemici del popolo” si tradussero nel contesto giuliano con migliaia di vittime delle deportazioni e della nuova ondata di stragi nelle foibe, che, come nel settembre 1943, colpirono non solo gli ex fascisti ma anche chi si opponeva all’annessione alla Jugoslavia.
Iniziò così un lungo dopoguerra con pesanti ricadute per la comunità italiana autoctona dell’Adriatico orientale: la strage di Vergarolla e le mutilazioni territoriali del Trattato di Pace, l’Esodo e la questione di Trieste.
Gli esuli giuliano-dalmati si riconoscono nelle manifestazioni che suggellano gli 80 anni dalla Liberazione e celebrano l’Italia libera, indipendente e democratica, ma non possono scordare ciò che hanno perso e quel che hanno subito. Non possono dimenticare che nelle terre in cui vivevano radicati da secoli è stata chiamata “liberazione” una nuova occupazione straniera, salutata con favore da componenti della Resistenza italiana che avevano anteposto la fedeltà ideologica all’appartenenza nazionale. Esprimono la propria gratitudine alle componenti patriottiche e democratiche della Resistenza che hanno lottato per una nuova Italia e per un confine che riconoscesse la presenza italiana nell’Adriatico orientale. Non possono quindi accettare che la memoria di queste pagine di storia venga egemonizzata da quella fazione della Resistenza che ha combattuto per instaurare una nuova dittatura o per cedere parti del territorio nazionale, eliminando quanti vi si opponevano, come l’eccidio dei vertici della brigata patriottica Osoppo alle Malghe di Porzus tragicamente ci ricorda.
Il 25 Aprile sia una festa di tutti gli italiani che amano la Patria e la libertà, ma senza appropriazioni indebite e senza omissioni su quel che avvenne lungo la frontiera adriatica mentre il resto d’Italia si avviava verso la rinascita.
didascalia: Trieste oggi – immagine di repertorio