Adenauer, Schumann e De Gasperi avevano immaginato un’Europa solidale nella quale i popoli si riunivano dopo il disastro della seconda guerra mondiale. I tre leader avevano provato la durezza dei regimi totalitari e si erano riproposti di gettare le basi per costruire un mondo di uomini liberi. Avevano identiche convinzioni e condividevano la stessa fede in Gesù Cristo, essendo cattolici praticanti.
Purtroppo, a distanza di 80 anni, l’Europa che avevano immaginato è ben altra cosa. Infatti, coloro che hanno ereditato il testimone tutto sono fuorché statisti di ampie vedute. Von del Leyen, Macron, Merz si stanno dimostrando modesti politicanti che con l’inglese Starmer e la presidente della Banca centrale europea, Lagarde, stanno riducendo all’irrilevanza il Vecchio Continente.
Parliamo di piccoli ometti e inconsistenti signore che, più che autonomi leader, appaiono marionette nelle mani di abili pupari. Guardiamo in faccia la realtà: l’unità europea è una bugia colossale.
Ogni Paese tende a tirare l’acqua al proprio mulino. Tedeschi e francesi, ma anche olandesi, belgi e lussemburghesi, finché hanno potuto, hanno badato ai propri interessi, arrivando ad affossare la Grecia invece di aiutarla ad uscire dai propri guai.
Gli inglesi, nonostante se ne siano andati dall’Unione, non mollano la presa e lavorano per trascinare gli europei in un conflitto contro la Russia sperando di vincerlo e magari dividere il territorio in tanti staterelli, così da poterli meglio controllare e sfruttare.
Il colonialismo britannico è duro a morire, così come la “grandeur” francese resiste tuttora negli uffici dell’Eliseo. Gli ometti che governano l’Europa non hanno compreso la natura del Dna russo. Così Mosca non solo s’è avvicinata a Pechino, ma con l’India sta promuovendo un nuovo ordine mondiale che sta mettendo alle corde l’intero Occidente.
Le divisioni in Europa sono ancora molto marcate perché gli europei non sono in grado di esprimere una classe dirigente all’altezza delle sfide presenti.
Mentre dal cuore della Svizzera, passando per Washington e le principali capitali europee, con in testa Bruxelles, si lanciava l’Agenda 2030, altri importanti Paesi del mondo si univano dando vita al Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), un’area che rappresenta la metà della popolazione mondiale.
Qual è l’obiettivo dell’Agenda 2030? Semplice: il dominio della vita quotidiana degli europei e delle loro opinioni. Come lo perseguono? Attraverso quattro precisi traguardi: identità digitale (per controllare l’accesso alla vita pubblica); supervisione centralizzata delle banche (che può bloccare i conti correnti), regole “verdi” (che impongono ciò che si può acquistare, guidare o mangiare), limitazione del carbonio (che incide sulla vita quotidiana).
Il Vecchio Continente va alla deriva e la sua classe dirigente ricorda molto quei passeggeri del Titanic convinti di viaggiare a bordo del più grande e lussuoso transatlantico del mondo, ritenuto orgogliosamente dalla marina britannica la massima espressione della tecnologia navale del tempo.
Il paragone con la presunzione dei viaggiatori e la boria degli armatori britannici (che hanno visto naufragare il loro “gioiello” nel suo viaggio inaugurale) è voluto.
Fuori di metafora, il Brics ha tutto: terre rare, acqua, minerali, prodotti agricoli, tecnologia e soprattutto un enorme mercato di consumatori. Non è escluso che, se costretto, possa dare vita ad un’area autarchica impenetrabile che tagli fuori i prodotti occidentali ed europei in particolare.
Fantapolitica? C’è solo da sperarlo. L’abbiamo già detto e lo ripetiamo convintamente: l’Occidente, di cui l’Europa è il cuore, deve tornare alle proprie radici giudaico-cristiane senza le quali non può reggere l’urto di soggetti ben più ingombranti ormai ben assestati in gran parte del globo.
Altro che ideologia woke, lgbtqi+, green, confuso riarmo, espansione ad Est della Nato. Il governo Meloni ha una grande opportunità: prendere netta posizione contro la deriva europea in atto e riaprire la discussione sulla sovranità, che spetta ai popoli.
Il Capo del Governo non deve rallentarne il cammino delle riforme, nonostante gli ostacoli dell’opposizione e di alcune eminenti alte figure istituzionali. Aldilà degli abbracci e baci è forse giunto il momento di sussurrare all’orecchio di Zelenski che, per il bene del suo popolo, è giunto il momento di concludere la guerra. Anche qui, un po’ di realismo: i territori persi sul campo non torneranno più sotto la sovranità di Kiev. Perseverare nei combattimenti significa aumentare il numero di morti.
Gli studiosi di diritto internazionale sanno bene che cosa significhi l’espressione latina “qui actu regit” (chi ha la forza di far valere un diritto). A proposito, suggerisce nulla la parata militare cinese in piazza Tienanmen?
Meloni e Tajani promettono impegni italiani per ricostruire l’Ucraina. Ottimo proposito. Con quali risorse pagheranno i beneficiari non è dato sapere, almeno per ora. Intanto Starmer s’è portato avanti e, anticipando persino Trump, ha ottenuto da Zelenski contratti per estrarre elementi chimici dalle miniere di terre rare.
È l’Europa, bellezza, viene da dire.
