Corpus Domini a Orsera memorie di fede e comunità

Annamaria Crasti, esule da Orsera e vicepresidente dell’ANVGD Comitato di Milano, ci conduce in un viaggio emozionante attraverso i suoi ricordi della solennità del Corpus Domini nella sua amata terra d’origine. Con parole che toccano l’anima, ci svela il significato profondo di questa festa, dove l’adorazione del ‘Corpo del Signore’ si intreccia con la vivacità delle tradizioni popolari. Un racconto che è un inno alla fede, alla memoria e al coraggio di riconoscere il divino nel quotidiano, culminando nell’imponente processione che animava le vie di Orsera, eco di una devozione secolare.

“Quali ricordi, immediati? Sole, fiori, ginestre, colori e campane a festa. Forse perchè cade a fine primavera, o, come domani, forse perchè è quasi estate. E la fede, così profondamente radicata nella maggioranza di noi popolo istriano, nella presenza reale di Cristo nell’Ostia consacrata.

La vigilia – Grandi preparativi. Nelle case, in quelle che si affacciano sulle strade per cui deve passare la processione, si lavora, si preparano copriletti variopinti, lenzuola ricamate, tappeti da esporre alle finestre. Tutto deve essere stirato alla perfezione, quasi una gara per esporre le cose più preziose che abbiamo in casa: quelle che amiamo, quelle del nostro corredo di spose.

Le più giovani preparano gli addobbi, i mazzi di fiori, le erbe aromatiche. Si tagliano i rami del lauro con i minuscoli fiorellini gialli, del rosmarino in fiore, i rami delle ginestre, il loro giallo smagliante, il loro profumo dolce e penetrante, i rossi papaveri.

…” Nella solennità del Corpus Domini usano quelli delle ville portar mazzi d’erbe odorifere, e fiori d’ogni sorta, con che coprono ed ornano il suolo delle chiese e delle strade per dove ha da passar la processione…” Così scrive Monsignor Tommasini, vescovo di Cittanova, intorno al 1640.

E si puliscono le strade; lavoro per tutti, anche per i bambini più grandicelli e i ragazzi. Tutti devono e vogliono partecipare.

Corpus Domini. La Messa solenne, la Messa alta.

Subito dopo si forma la processione, si snoda per le strade coperte da un tappeto di petali e di erbe profumate. Nelle cittadine molti sono allineati lungo le vie, le strade coperte da un variopinto manto di petali, nei paesi e paesini tutti, proprio tutti partecipano alla processione, incolonnati in un lunghissimo corteo. Se c’erano, prima le confraternite con i loro vessilli, la banda, le associazioni religiose, i bambini che avevano ricevuto la Prima Comunione, vestiti di bianco, le bambine, sui capelli, il velo bianco svolazzante. Il baldacchino, sorretto da baldanzosi giovanotti, era accompagnato dalle forze dell’ordine, in alta uniforme, intorno un numero spropositato di chierichetti. Avvolto da volute d’incenso, l’Ostensorio del SS. Sacramento era sorretto dal parroco e, subito dietro, il coro che cantava il Pange Lingua. E tantissime donne, tra le mani il “buche “, il mazzolino di erbe odorose da portare a casa per bruciarlo in caso di minaccia di grandi temporali.

I quattro altari, preparati e addobbati già alla vigilia, posti in posizione strategica per poter benedire il mare e le campagne, erano la sosta obbligata. Il sacerdote appoggiava l’Ostensorio sull’altare e si intonava l’inizio dei quattro vangeli, rigorosamente iniziando da Matteo, Marco, Luca e Giovanni.

Arrivava il solenne momento della benedizione, tutti si inginocchiavano a terra per ricevere quella santa benedizione fatta con il prezioso Ostensorio. E si proseguiva fino alla chiesa.

Corpus Domini in Istria – Corpus Domini a Orsera.

Ogni momento, ogni gesto si ripeteva da sempre, da secoli, tutto immutabile, sempre uguale a rinnovare quella sacra festa. Sempre di giovedì.

Corpus Domini in Istria e a Orsera. Tutto immutato, anche nei duri anni dell’ultimo conflitto mondiale. I giovani, alla guerra, sostituiti dagli uomini più anziani, a sostenere il baldacchino. La lunga processione con canti e preghiere innalzati al Signore con fervore, per ottenere la fine di quella piaga che ci affliggeva, le pice ancora con i veli svolazzanti, e tante tante donne a invocare l’aiuto del Santissimo perché tuo padre, tuo marito, tuo fratello, tuo figlio tornassero sani e salvi, finalmente, a casa. Le strade sempre coperte di petali colorati e profumati, dalle finestre sempre e ancora scendevano copriletti tappeti lenzuola ricamate, i quattro altari pronti a ricevere l’Ostensorio, i cuori di tutti appesantiti dall’angoscia. Ritorneranno? Ma, nonostante tutto, ancora il Corpus Domini è una festa grande, ancora tutto come da secoli.

Corpus Domini 1945, in Istria, a Orsera.

In maggio siamo stati liberati. Sono arrivati i liberatori. Dietro le finestre, vediamo passare per Via della Redenzione uomini donne, malvestiti, le scarpe coi buchi, a frotte disordinate, sembrano dei derelitti eppure… sono loro i nostri liberatori, che ci tolgono definitivamente la nostra libertà. Ma siamo gente tenace e abbiamo la Fede che ci sostiene e ancora la processione, sempre con petali di fiori profumati e colorati, sempre con canti e preghiere, sempre con le finestre addobbate, sempre di più con il cuore pieno di angoscia. Che cosa ci riserverà il futuro?

Ed ecco il futuro. Corpus Domini 1946 a Orsera.

Petali, fiori, addobbi. Dalla finestra della camera da letto dei miei genitori pende il bellissimo copriletto di seta rosa antico, le lenzuola con i delicati ricami fatti dalla mia mamma. Da San Martin la processione scende giù per il Rato del Castel, verso la Crosera, passa per ogni via, tutto il paese è dietro a quel baldacchino, arriva nella piazzetta dell’antica chiesetta di Sant’Antonio, la gente si ferma, sui gradini, sulla Loggia, dappertutto, stretti l’uno all’altro. Alti, alcuni labari con immagini sacre, il baldacchino circondato dai pretini. Si scorge l’altare. Rami di ginestre a formare un arco. Lo immagino quell’arco, giallo sgargiante, copre l’altarino, pronto ad affrontare un temporale improvviso, resistente e forte come la gente che lo ha eretto

L’Ostensorio è appoggiato sopra. Le bambine della Prima Comunione vestite di bianco, sono piccoli angeli bianchi, con le piccole ali legate alla schiena. Il sacerdote che sta leggendo il passo del Vangelo non lo riconosco. Volge le spalle. Forse Don Francesco Dapiran è nascosto da un fanale; nel giugno ’46 era ancora in paese.

Don Francesco raccontava che il 24 agosto 1946 si era recato a Roma con la maestra Anna Tessaris, da papa Pio XII, su sua richiesta, per informarlo di quanto stava accadendo in Istria. Per questa sua azione, di ritorno a Orsera, prelevato dai titini, caricato su un camion e scaricato a Trieste. E. aggiungo io, è stato molto fortunato, se si ricordano Don Bonifacio e Don Bulesic e Don Tarticchio, per ricordare i più noti.

Ancora a Orsera.

La gente indossa gli abiti più belli. Gli uomini in giacca e camicia bianca, le donne riescono persino a sorridere al fotografo che le inquadra. Tanti pici, forse ci sono anch’io. Ma c’è una novità, c’è qualcosa di stonato, mai capitato prima: il baldacchino è scortato da tre miliziani titini con il fucile sulla spalla, quasi a voler intimorire quella povera gente spaventata ma piena di fede, testimone di quella religiosità tanto radicata nella gente istriana. E riandiamo molto indietro.

Un altro Corpus Domini. Corpus Domini 1912. A Orsera.

Siamo sotto l’Austria.

Tanto sole. Molti hanno aperto un ombrello per ripararsi dai raggi infuocati, uomini e bambine con il cappello di paglia, e tante altre vestite con l’abito della Prima Comunione.
Non è un corteo vero, sono là, a guardarsi in giro, a parlarsi, a scappellarsi… sembra che si aspetti qualcuno o qualcosa.
In primo piano un picio che sostiene un fanale, dietro la banda, disordinata, il tamburo, il trombone, la tromba… lungo i muri delle case la gente, pronta ad unirsi al corteo, quando si sarà formato. Dalle finestre, i drappi bianchi, tanti. Si respira l’attesa. Si respira aria di festa.

Ma quell’aria di festa gli Orsaresi nel 1946 non la percepivano più.

Corpus Domini a Orsera, 1946.

È l’ultimo a Orsera italiana, l’ultimo con tutti noi ancora nelle nostre case, uniti tutti a sostenerci vicendevolmente, a farci forza e coraggio. Ma a Pola deve ancora arrivare la tragedia, il 18 agosto è vicino; a casa mia deve arrivare ancora il peggio. Non lo sappiamo e siamo a Sant’Antonio a supplicare la protezione del Signore. Lo fanno tutti gli Orsaresi, tutti gli Istriani.

Dopo, per molti anni, non più processioni, non più battesimi matrimoni funerali messe in chiesa. Città cittadine e paesi si stanno svuotando. Le chiese chiuse, le loro porte sbarrate, alcune sconsacrate, si fa tutto di nascosto, con il terrore di essere scoperti dai liberatori.

Corpus Domini 2025 a Orsera e in Istria. Il 22 giugno ci saranno di nuovo e ancora le processioni, i quattro altari fioriti messi in luoghi per poter benedire quelle campagne verdi di vigne e di ulivi, quei prati macchiati dal giallo sfacciato delle ginestre e dal rosso dei papaveri? Per poter benedire quel mare disseminato di scogli, pieno di colori, limpido trasparente; per poter benedire strade e case dove vive gente per me sconosciuta che parla una lingua che non conosco?

Certamente sì.

Ma quei copriletti, quelle lenzuola ricamate, quelle preziose tovaglie, chiuse in cassoni, sono partite per altre processioni e forse ondeggiano ancora al soffio di una brezza che non è la nostra bavisela.

 La nostra fede sempre intatta, nonostante la speranza di riappendere alle finestre delle nostre case i vecchi addobbi sia spenta, ormai da decenni, ormai per sempre. 

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