"Con don Giovanni la parrocchia non ha confini. Il carcere è una delle sue cure più attente: per questo servizio il Comune di Lecco gli assegnerà nel 1984 la Civica Benemerenza.".
Un santa messa nella chiesa di Pescarenico per ricordare don Giovanni Brandolese nel XX anniversario della morte. La celebrazione eucaristica si è tenuta nella serata di giovedì 2 febbraio ed è stata anche l'occasione per presentare e distribuire la brochure realizzata per l'occasione. E allora prendiamo in prestito due testi presenti in questa pubblicazione per ricordare la figura di don Giovanni Brandolese.
INTRODUZIONE PLINIO AGOSTONI
Don Giovanni Brandolese era nato nel 1920 ma noi lecchesi lo abbiamo potuto conoscere solo dal 1968. E la sua notorietà non ha mai raggiunto una grandissima estensione: non ha mai cercato visibilità o occasioni di protagonismo. E’ sempre rimasto nella sua Pescarenico, anche se, dobbiamo riconoscerlo, nei 20 anni nei quali è stato parroco, quella “terricciola” e quella canonica era frequentata non solo dai parrocchiani con una intensità e un gusto nuovi, ma da tante altre persone provenienti da tante altre storie, da tanti altri luoghi. Perché? Era una parrocchia singolare, non definita da un confine giuridico territoriale, ma dalla esperienza del fatto cristiano secondo una persuasività nuova, cioè secondo una sorprendente corrispondenza a ciò che il cuore dell’uomo desidera.
Questo fenomeno è il segno inequivocabile che sempre accompagna l’accadimento della comunione, il sorgere della comunità cristiana. Non è dunque un fatto riducibile all’operato di una sola persona. Il Fatto è operato dallo Spirito quando la libertà di una persona si apre alla Sua Potenza. Don Giovanni è stato il fattore decisivo di questo accadimento: il catalizzatore. “Ebbe da Dio il dono di una immensa bontà”. Così si legge sull’immaginetta che ricorda il suo “dies natalis”, e chi l’ha conosciuto sa quanto sia vera questa definizione.
Ma la bontà non spiega tutto. La Fede. La Fede fa scoprire all’uomo in modo non illusorio la sua vera dimensione, capace di Infinito: fonda il sentimento sulla roccia. E la Grazia: la Grazia del Sacramento dell’Ordine Sacerdotale. La Grazia della paternità spirituale. Si deve anche riconoscere che l’incontro con il carisma di don Giussani ha portato frutto in don Giovanni nel senso di un dispiegamento dei suoi tratti caratteristici: la accoglienza senza riserve di ogni persona, bisogno, sensibilità o esigenza, la libertà rispetto ad ogni forma o schema o consuetudine, l’apertura al nuovo e al diverso, l’offerta commossa e attenta della verità su Dio e sull’uomo, il gusto profondo e intenso della fraternità…E’ dunque cosa estremamente gioiosa e conveniente fare memoria di don Giovanni perché siamo da lui aiutati anche oggi a vivere e operare.
Non ci avvenga che, dopo averne conosciuta la grandezza, dopo aver respirato dentro il suo abbraccio fraterno e liberante, dopo aver ricevuto il tesoro del suo insegnamento, abbiamo a disperdere questa grazia con la dimenticanza. Queste brevi pagine sono fatte a questo scopo. La Fondazione, nata nel 2005 e operante negli ambiti dell’educazione e della cultura e non a caso intitolata a don Giovanni Brandolese, produrrà altri strumenti o occasioni per riproporne la memoria. A questo scopo ringraziamo fin d’ora tutti quanti vorranno fornire materiale .
VITA (A CURA DI GIULIO BOSCAGLI):
Don Giovanni nasce a Barbona, paesino in provincia di Padova il 17 febbraio 1920, ma la famiglia si trasferisce presto in Lombardia alla ricerca di migliori condizioni di lavoro. A dodici anni entra nel seminario di Venegono dove percorre tutto l’iter fino alla ordinazione che avverrà il 29 maggio 1943 ad opera del cardinale Schuster cui resterà sempre molto legato.
La sua prima destinazione è Canegrate dove rimarrà fino al maggio 1965. Si occupa quindi dell’oratorio e ai ragazzi e ai giovani che lo frequentano dedica tutta la ricchezza della sua umanità. In questi anni diventa un punto di riferimento per tanti, giovani e meno giovani, del paese coinvolgendoli nelle diverse attività ed anche nella realizzazione della Chiesetta di sant’Antonio in un quartiere che ne era sprovvisto.
Nel 1965 arriva a Pescarenico come Vicario prima e, tre anni dopo, si insedia come parroco in una situazione complessa: Don Giovanni ricostruisce la parrocchia, innanzitutto come comunità dei fedeli. La messa domenicale e la celebrazione dei sacramenti sono gli strumenti principali per questo. E poi la porta sempre aperta della sua casa, la disponibilità per le confessioni, l’attenzione a tutti soprattutto ai più bisognosi. Il rilancio del bollettino parrocchiale che ora si chiama “Il Campaniletto” i cui numeri si aprono sempre con una parola del parroco: ”Carissimi…”
Il ritrovamento di un’antica pergamena secentesca attestante la consacrazione dell’altare alla Madonna Immacolata gli suggerisce di dar vita alla “Sagra de Pescarenech” una manifestazione in cui si fondono la devozione alla Madonna e le tradizioni popolari che culminano con la competizione sportiva tra le varie contrade della parrocchia.
Mette mano anche alle strutture della parrocchia che necessitavano di forte manutenzione: l’oratorio di San Gregorio, poi la Chiesa parrocchiale e l’oratorio femminile.
Con don Giovanni la parrocchia non ha confini. Il carcere è una delle sue cure più attente: per questo servizio il Comune di Lecco gli assegnerà nel 1984 la Civica Benemerenza.
Nei primissimi anni della sua presenza a Pescarenico risponde positivamente al nascente movimento di Comunione e Liberazione che cercava un luogo in cui celebrare settimanalmente la messa per la Comunità: sarà ospitata dapprima nell’oratorio femminile e poi nella chiesa parrocchiale . L’accoglienza verso il movimento porterà frutto: diverse famiglie sceglieranno di stabilirsi a Pescarenico condividendo la vita della parrocchia.
Nel 1988, ai primi sintomi della malattia che lo accompagnerà fino al suo dies natalis, restituisce al suo arcivescovo il mandato di parroco e, dopo un breve periodo Milanese presso la parrocchia di Niguarda dove è parroco don Fabio Baroncini, ritorna per i suoi ultimi anni nella amata Canegrate che non lo aveva mai dimenticato.