Intensa la cerimonia di ordinazione, sabato mattina in Duomo. Il card. Scola: "L'adesione è risposta a una chiamata, ma è libera e ragionevole".
Una celebrazione intensa ha sancito, sabato mattina in Duomo, l’ordinazione diaconale di sette diaconi permanenti e ventidue candidati al presbiterato. Tra di loro, il “nostro” Stefano Negri, 24 anni, della parrocchia di S.Carlo di Sirone, che cinque anni fa aveva iniziato il suo percorso spirituale entrando nel seminario diocesano (prima a S. Pietro Martire a Seveso, poi a Venegono) per prepararsi ad essere ordinato sacerdote.
«O Dio, che chiami gli angeli e gli uomini a cooperare al tuo disegno di salvezza» queste le parole di inizio dell’assemblea liturgica, echeggiate in un Duomo stracolmo di persone, e ricordate dall’Arcivescovo stesso, il card. Angelo Scola, in apertura di omelia. Ad essere sottolineato, “il dato, elementare ma a volte dimenticato o disatteso, che è Dio a chiamare. Nessuno di noi – ha ricordato il cardinale - potrebbe pensare di adempiere qualsiasi missione o ministero, se non fosse perché il Padre ci ha preceduti, ci ha chiamati”.
“A che cosa, insieme agli angeli, - ha proseguito l’arcivescovo - siamo chiamati? Risponde la liturgia: «A cooperare al tuo disegno di salvezza»”. Un’ adesione, quindi, al disegno di salvezza, che non è mai, tuttavia, già scritta a priori nella storia e nel cuore di ciascuno di noi. La natura ragionevole e libera di questa adesione è ricordata anche nel Vangelo: “Il doppio annuncio di Gabriele a Zaccaria e alla Vergine – ha riflettuto il cardinale - ci indica come il Padre non cerchi, per così dire, dei “meri esecutori” della Sua volontà, quasi che Gli bastassero dei delegati o addirittura dei burattini. Egli, attraverso l’angelo, entra in dialogo con gli uomini e chiede loro libero assenso ed adesione”.
Un’adesione che suscita gioia, ma, è umano, anche timore. “Nel per sempre della vostra adesione – ha indicato quale risposta l’arcivescovo - si trova il sigillo dell’amore vero. Questo dono che il Signore elargisce a ciascuno di voi, e che da voi domanda pieno e libero assenso è, forse ai giorni nostri più che in passato, testimonianza luminosa dell’amore di Dio e della Sua potenza di compiere il desiderio del cuore dell’uomo. «Non temere»: le parole dell’angelo sono le parole che la Chiesa vi rivolge oggi”.
Chiamata, libero assenso, amore che rinfranca. Sono in fondo le stesse parole con le quali Stefano ci aveva già raccontato la sua vocazione: “Sono entrato in seminario perché intuivo che quello era il modo migliore per capire se davvero Gesù mi vuole prete; non perché volevo fare il prete: la prospettiva è diversa!”.
Non facilmente descrivibili, a parole, tutti gli altri momenti che hanno scandito la liturgia. I candidati al presbiterato hanno dapprima promesso obbedienza all’arcivescovo ponendo, uno ad uno, le proprie mani congiunte in quelle del cardinale stesso. Quindi, sempre uno ad uno, sono state loro imposte le mani; a seguire, la vestizione delle vesti liturgiche diaconali: la dalmatica e la stola, oltre alla consegna del Libro dei Vangeli. Ultimi fra tutti, i momenti in cui i diaconi sono sfilati in processione lungo le navate del Duomo, accogliendo i saluti di amici e conoscenti. Infine la gran festa in via dell’Arcivescovado, che nemmeno la pioggia è riuscita a frenare.
A Stefano, unico diacono della nostra zona pastorale, auguriamo, ed auguro, che il cammino di questi mesi in attesa dell’Ordinazione di giugno, oltre a quello degli anni a venire sia non solo fecondo ma continui nel solco che Stefano stesso, con le sue parole, ha individuato: che Gesù continui a giungere nella quotidianità, nel lavoro di ogni giorno, nella fatica della “pesca” comunitaria, nello sconforto delle reti vuote, nella gioia del gettarle di nuovo, ancora una volta, in Suo nome.