Le penne nere del gruppo "Giulio Bedeschi" procedono nella loro marcia rievocativa che durerà quattro anni, tanti quanti quelli del conflitto. Dopo il convegno sull'alimentazione al fronte e prima dell'evento "Oltre la fede" è ora il tempo della mostra «Si combatteva qui - 1915-18».
Taglio del nastro. Da sinistra a destra: Alessandro Vincenti, presidente del Comitato del Centenario, Luigi Boffi, presidente della sezione di Milano, e Filippo Del Corno, assessore alla Cultura del Comune di Milano.
Nel vasto panorama rievocativo in atto nel Paese per ricordare agli italiani di oggi la Grande Guerra di un secolo fa, l'iniziativa degli alpini del gruppo Milano Centro si segnala, fra tutte le altre, per ricchezza propositiva, profondità culturale, rigore storico e copertura temporale.
Le penne nere della Madonnina hanno programmato un "onore della memoria" capace di distendersi per quattro anni (dal 2015 al 2018) a "copia" fedele della durata del Primo conflitto mondiale, con tutta una serie di appuntamenti in grado di mettere a fuoco aspetti fra i meno conosciuti di quella lontana guerra, in un rincorrersi di convegni, mostre, visite e serate culturali. Fra le curiosità appagabili è possibile anche la lettura dei bollettini quotidiani ufficiali emessi dallo Stato Maggiore un secolo fa e rintracciabili sul sito www.alpinimilanocentro.it, insieme ad una successione di documenti originali, pagine da archivi, frammenti di giornali d'epoca, foto, telegrammi, carte topografiche, linee di costa, documenti sonori, canzoni con voci riesumate dalle macerie di cento anni fa, irreali e pur vive, anonime ma ancora capaci di commuovere.
Con il fiato sospeso. Per aggirare il Gendarme, un impervio sperone di roccia, prima che fosse scavato un più sicuro tunnel, bisognava percorrere questo ponte "aereo" fatto di funi e qualche tavola di legno
Intanto in questi giorni, e fino al prossimo 8 novembre, gli alpini della sezione "Giulio Bedeschi" danno appuntamento a tutti al Museo del Risorgimento di Milano, in via Borgonuovo 23, per "un'immersione" nella mostra “SI COMBATTEVA QUI 1915-18. Sulle orme degli Alpini nella Grande Guerra”, promossa dal Comune di Milano con il patrocinio della Commissione Europea.
L’esposizione è divisa in due distinti percorsi. Il primo si concentra sulla portata storica dell’evento bellico: dodici pannelli, realizzati dal Centro Studi dell’Associazione Nazionale Alpini, rievocano le vicende di guerra e personali delle Truppe da montagna, impegnate sul fronte italo-austriaco. Completano la sezione alcuni cimeli delle Civiche Raccolte Storiche di Milano. Fra i più significativi si segnalano la sciabola e l’elmetto del generale Luigi Cadorna; la divisa della Medaglia d’Oro Alpina Francesco Barbieri, cui Milano ha intitolato una via cittadina; la bussola aneroide di Arturo Andreoletti con la dedica di Cesare Battisti e l’elmetto da guastatore “Mod. Farina” con la dedica del Duca d’Aosta al generale Senatore Giuseppe Perrucchetti, fondatore delle Truppe Alpine.
Il secondo percorso, una personale fotografica di Alessio Franconi, affronta il lascito della guerra a cent’anni di distanza. Cinquantacinque scatti in bianco e nero in formato 30x40/45 cm, frutto di un lavoro biennale, accompagnano il visitatore in un percorso che dalla Slovenia si snoda in Italia fino alla Lombardia: luoghi teatro di una fra le guerre più disumane a memoria d’uomo. Sono i “segni della storia” per far comprendere come il conflitto del 1915-18 sia stato in realtà una “guerra di montagna, combattuta a metro”. Le fotografie inducono a riflettere sulle atroci conseguenze delle divisioni e dei conflitti, ma sono anche un tributo a quanti combatterono su ogni fronte, perdendo vita e affetti.
Rivivono e si rianimano trincee, fiumi, reticolati e campi di battaglia. Nella penombra della "sala nera" di Palazzo Moriggia, alla luce di sapienti faretti, le foto "vive" di Alessio Franconi ci conducono per rocce aspre e aride di un mondo non più frequentato, dove si sente solo il vento insieme al gracchiare solitario di qualche uccello rapace.
A prova di artiglieria. Un arditissimo sentiero permetteva di portare rifornimenti e munizioni alle porte del Pasubio.
Eppure, passo dopo passo, il suolo inizia a mostrare profonde cicatrici indelebili, trincee, bunker distrutti e creste squarciate. Il dolore che passò da questi posti è concretamente visibile: pezzi di scarpe, schegge di granata, shrapnel, bossoli e, talvolta, silenziose e bianche, mimetizzate tra le stelle alpine, le ossa affioranti di alcuni caduti.
Si rimane stupiti sia dall’asprezza del terreno sia dai segni dei combattimenti.
Dietro ad ognuno di quei segni ci sono stati uomini che hanno vissuto, patito, pregato; immersi in un’esperienza tragica e dilaniante. Quegli uomini, su fronti avversi, si sono trovati a combattere nel pieno della loro gioventù gli uni contro gli altri. Erano Italiani, Francesi, Austriaci, Tedeschi, Sloveni, Ungheresi e la memoria del loro dolore non deve andare persa. In «Si combatteva qui» sfilano luoghi sacri alle memorie e alle coscienze. È storia viva che esce dall’astrazione e dalla retorica delle parole per farsi testimonianza di un dolore lontano appartenuto a tutte le nostre famiglie.
La mostra in questione si colloca fra due convegni, uno già avvenuto e l'altro di prossimo evento.
Il primo, dedicato all'alimentazione in trincea, si è tenuto a Palazzo Cusani, comando militare dell'Esercito Lombardia, lo scorso 17 giugno; il secondo, di prossima programmazione (10 ottobre 2015), riguarderà il sentire religioso, pur fra i campi di battaglia, di militari appartenenti a confessioni diverse. "Oltre la fede" è il tema che scandaglierà la difficile convivenza tra fede e uso di fucile e baionetta, il ruolo dei cappellani militari, la coopresenza al fronte di cattolici, ebrei, musulmani, luterani e altri testimoni di altre religioni.
Valori di un'altra epoca. A costo di sacrifici umani estremi il nemico non fu fatto passare. A ricordo fu eretta la targa «Di qui non si passa»
Bisogna riconoscere agli alpini milanesi del gruppo "Giulio Bedeschi", guidati da un vigoroso Comitato del Centenario, uno straordinario impegno e una non comune capacità di tessitura degli eventi.
A distanza di un secolo dolori e ferite lasciano il passo alla curiosità storica, al desiderio di conoscere il passato che appartenne ai nostri giovani nonni e bisnonni e ad un'Italia tutta da inventare e costruire e che forse nacque proprio lassù, fra i monti carsici e le trincee insanguinate, dove calabresi e piemontesi, veneti e sardi, toscani e lombardi si sentirono per la prima volta fratelli davanti alla morte.
L'ingresso virtuale nel mondo della Grande Guerra, quattro anni di vicende impegnative che ci appartengono per eredità familiare, è un lungo, tragico e suggestivo viaggio che possiamo intraprendere guidati dalla invisibile e sapiente regia degli alpini "custodi della memoria": si è partiti dal Parlamento regio che approva l'entrata in guerra dell'Italia, con Antonio Salandra Presidente del Consiglio e Giorgio Sonnino, ministro degli Esteri. E si andrà avanti per quattro indimenticabili anni: gloriosi, lugubri, eroici e dissennati.